
Forse il problema è che oggi i poeti non bastano più. Quelli che vogliono farsi leggere devono fare qualcos’altro oltre a scrivere e pensare. Siamo nell’era del 2.0, i poeti mandano sms, scrivono su Twitter, poi su Facebook, gli specialisti si fanno addirittura un blog 😉 Il taccuino lo abbiamo dimenticato in soffitta. Impolverato lo era da già da un pezzo.
Sin dagli anni ’60 i poeti avevano a preso a scrivere con le luci a neon, gli slogan pubblicitari, sui muri delle stazioni di tutte le città.
Uno dei padri della poesia tridimensionale (che per esistere necessita di un’istallazione, di un supporto, o comunque di un nuovo mezzo per essere comunicata) John Giorno, verrà esposto da domani per un mese alla Nicole Klagsbrun Gallery, Chelsea 24esima strada, New York. Assieme a lui ci sono anche un 25enne, Oscar Mourillo, e una 30enne, Brie Ruais, titolo di tutto: Movement in three parts.
Fu il signor Giorno, nato nel 1936, a spingere il suo amante Andy Warhol a ripensare alla parola scritta. L’amore finì e Giorno conobbe William S. Burroughs. Assieme diedero vita al primo esperimento di audiopoema. La tecnologia lo permetteva. La carta rischiava grosso già mezzo secolo fa.
Poi un altro uomo da amare. Si tratta di Robert Rauschenberg con il quale organizza nel ’66 un evento inedito: Experiments in Art and Technology. E’ l’inizio delle scritte a neon, dell’uso dell’elettricità, delle parole luminose, della poesia sensoriale. Lo scopo di Giorno era quello di stimolare più sensazioni nel lettore-uditore-visitatore. Le emozioni si dovrebbero moltiplicare e devono essere accessibili anche a chi non legge, pensava.
Metabolizzate le esperienze, il poeta ha dato vita al Giorno Poetry System, un’associazione no-profit, che promuove la poesia attraverso la tecnologia audio e l’illuminotecnica. Anche Patti Smith e Robert Mapplethope chiederanno di lavorare con lui. Le sue poesie multimediali verranno poi utilizzate come simboli di protesta negli anni della guerra in Vietnam.
Nel 2004 è comparso in Nine Poems in Basilicata, un film diretto da Antonello Faretta, mentre lo scorso anno ha prestato la sua voce e il suo volto, all’ultimo singolo dei Rem in We all go back to where we belong.

In Casa Klagsbrun che lo scorso anno gli ha dedicato un’esibizione tutta sua, Giorno presenta a partire dal 28 di marzo fino al 5 di maggio, una serie di dipinti intitolati I WANT IT TO RAIN FOR THE REST OF MY LIFE. Questa volta sarà circondato da due giovani, anche loro maniaci della sacra arte della scrittura.
Murillo, londinese nata in Colombia, già si è fatto apprezzare alla Saatchi gallery con i suoi (belli belli, lo penso sul serio) scarabocchi di inchiostro e di gesso su tele, spesso sporche e impreziosite, qua e là con materiale da riciclo.

La bella Ruias è il terzo pilastro della mostra Movement in Three parts: ha il compito di ridare tridimensionalità agli scarabocchi e alle emozioni, trasformandoli in grovigli di filo sabbia e cemento, o utensili da cucina. Il percorso è quindi Poesia-scrittura-scarabocchio-groviglio. Dall’ordine al disordine, dal pensiero alla vita reale.