Oggi mi hanno raccontato di un ragazzo di Lipsia, che andando in macchina a Berlino, guardava la donna amata dallo specchietto retrovisore. E che quando gli hanno chiesto, ma cos’è la cosa più bella da fare a Lipsia? Lui ha risposto: scendere di domenica mattina sotto casa a fare colazione dal mio spaetkauf preferito. E mentre pensavo che anche io adoro certi caffé di certe mattine sulla Wranglerstrasse, ho ricordato che dovevo raccontarvi una storia su Lipsia. Quella sulla fabbrica del cotone. ❤
Cosa ha spinto migliaia di persone a trasferirsi a Lipsia, si domandava in un saggio la scrittrice Juli Zeh qualche anno fa. Tutto sommato è “una città di medie dimensioni nel centro dell’Europa, lontana dal mare e dalle montagne, circondata da grigie foreste e campi di segale, che non è sede di alcun centro governativo, né snodo strategico di qualche droga psichedelica”. La voglia di sognare, risponde. Prima sono arrivati gli artisti, poi designer, quindi gli architetti, i liutai, gli esperti di IT, fino a quelli di energie alternative.
Nel 2012 si sono trasferite nella città sassone 10mila persone, azzerando l’emorragia demografica cominciata con la caduta del muro del Berlino, quando in 100mila scapparono a ovest a cercar fortuna. Oggi a Lipsia vivono 530 persone, quante ne vivevano nel 1989. Con una proiezione a 600mila per il 2020.
Uno dei casi meglio riusciti nella storia recente d’Europa di gentrification. Quel fenomeno sociale favorito anche dalla politica che porta molti artisti a insediarsi nelle aree povere di una città. Loro hanno accesso ad atelier e abitazioni a basso costo, e trasformano, più o meno consapevolmente la zona decadente in zona alla moda. Contribuiscono a fare aumentare il valore degli immobili che a loro volta attraggono i ricchi e benestanti. E sono questi ultimi che infine innescano gli investimenti di riqualificazione strutturale (soldi) che rendono il quartiere chic.
A Lipsia sono toccati in sorte due crolli demografici: un primo dopo la seconda guerra mondiale, che ha decimato il numero di abitanti da 700mila a 500mila, e un secondo dopo la caduta del muro di Berlino. Il primo esodo ha riguardato la ricca borghesia, quella che viveva nei palazzi nobiliari del centro, dove un tempo avevano abitato Johann Wolfgang Goethe, Friedrich Nietzsche e Richard Wagner. Poi durante i 40 anni di DDR il flusso si è interrotto (l’espatrio allora era vietato, ndr), per riprendere negli anni ’90, quando prima se ne sono andati gli imprenditori, chiudendo le fabbriche , e poi sono scappati gli operai.
Nel 1998, momento più basso del crollo demografico, la città contava appena 430mila abitanti. Il destino di Lipsia sembrava segnato. Tuttavia proprio grazie a una vecchia industria abbandonata che la città riscrive la sua storia: la Spinnerei, la più grande fabbrica di cotone dell’Europa continentale che fino al 1989 dava lavoro a circa 4000 persone. “Con la fine del regime”, ha detto Bertram Schulze attuale amministratore delegato della società che gestisce il complesso immobiliare, “la fabbrica fu venduta a un imprenditore tedesco che azzerò quasi del tutto la produzione. Questo imprenditore tuttavia ebbe la lungimiranza di affittare gli spazi inutilizzati ai nuovi occupanti a prezzi stracciati, e molti di questi nuovi occupanti erano artisti locali”.
Qui entra in scena Neo Rauch l’artista simbolo della rinascita e tra i fautori della corrente pittorica denominata “Scuola di Lipsia”. Rauch e altri studenti illuminati dell’Università e delle due accademie (quella delle arti visuali e quella della tecnica) insediandosi nella Spinnerei hanno promosso la riconversione dell’industria in centro multifunzionale dedicato alle arti.
Agli inizi degli anni 2000 il mercato immobiliare a Lipsia era in piena crisi, e la società capitanata da Schulze riuscì a portare a casa tutto il complesso per circa due milioni e mezzo di euro. “L’abbiamo pagata”, ha ricordato, “alla prova dei fatti, più o meno 25 euro al metro quadro”. Un affare senza precedenti.
Cinque anni fa sono cominciati i lavori di restauro e da allora nella vecchia fabbrica di cotone si sono insediate “le istituzioni”: una ventina di gallerie, una fabbrica di biciclette, una di porcellana, studi di architetti, atelier di stilisti, un orafo, un cinema, diversi bar.
Di piccole “Spinnerei” (che prima “spuntavano” prevalentemente nei quartieri periferici dell’ovest come Lindenau e Plagwitz, mentre ora se ne scoprono a est della città, in quartieri un tempo pericolosi come Reudnitz) e aspiranti Rauch, Lipsia oggi è piena.
Arrivano da tutto il mondo, sono giovani e provano a percorrere la sua stessa strada: Università prima, accademia dopo, e se va bene contratto con una super galleria. “Studiare a Lipsia è un gran privilegio” ha spiegato a East Valerio Figuccio, artista italiano di 24 anni che è riuscito nell’impresa: prima entrando in Accademia e richiamando l’attenzione della galleria più famosa in città, la Eigen Art, “vetrina” ufficiale di Rauch, che ha esposto già in due occasioni i suoi lavori.
“La qualità dell’insegnamento è alta”, ha spiegato, “si pagano 150 euro di tasse all’anno, senza contare che gli artisti possono accedere gratuitamente ai materiali di lavoro – colori, tele, telecamere strumentazione per il montaggio – di norma estremamente costosi”. Figuccio ha però spiegato che la formazione a Lipsia non si è svenduta sotto l’onda dell’invasione di giovani che vogliono diventare i nuovi Rauch. “I test di ingresso restano severissimi e i posti sono limitati”.
Insomma: non c’è posto per tutti.
Ma niente panico. La città offre molto anche a chi vuole entrare direttamente nel mondo del lavoro. A patto che sia interessato a new economy, energie alternative o logistica.
È in caso ad esempio di Valerio Camarda, trasferitosi a Lipsia sette anni fa per inseguire il sogno del violino, e oggi responsabile di turismo online per conto della Unister, una specie di Tripadvisor in lingua tedesca, e violinista del Lipsia Quintet nel tempo libero.
Unister come altre società tedesche, era interessata a insediarsi nella ex DDR perché più economica e più vicina all’Europa dell’est, evitando la troppo inflazionata Berlino. Per le stesse ragioni a inizio millennio la Porsche aveva già spostato a Lipsia la produzione delle auto di grossa cilindrata (Cayenne), e la Bmw i veicoli elettrici. Mentre la ditta di spedizioni private, DHL, ha investito così tanto nella sede sassone, che ha raddoppiato con i suoi seimila dipendenti, il numero dei lavoratori del quartier generale di Bonn.
Il fermento demografico cittadino, tuttavia, preoccupa i vecchi abitanti di Lipsia. “L’impennata demografica”, avverte Juliane Nagel giovane consigliera comunale della Linke Faktion (il partito di sinistra tedesco, più a sinistra del Spd). “ha un suo costo sociale e umano. Gli asili nido e le scuole sono già insufficienti e dobbiamo prepararci a un rimbalzo dei prezzi degli affitti che sposterà i vecchi inquilini verso le periferie”. Ma i bilanci degli italiani a Lipsia sono più rassicuranti. Per una bella stanza in centro pagano ancora solo 200 euro al mese. Per 30 ore di lavoro a settimana guadagnano almeno 1.200 euro al mese. E i mezzi e il tempo libero per il divertimento, non mancano.