Devo quotare il mio love, Haruki Murakami: “Mi vergogno quando (de)scrivo una scena di sesso. Ma devo farlo. Perché è quella la via maestra per il mondo dall’altra parte”. Grazie a Emma sempre attenta.
Lei è religioso?
«No, ma credo nella forza dell’immaginazione. E che non c’è solo una realtà. Il mondo vero e un altro mondo irreale esistono entrambi, e sono strettamente collegati. Talvolta, si mischiano. E quando voglio, quando mi concentro con molta forza, posso passare all’altro. Posso anche andare e venire. Questo è ciò che accade nella mia narrativa. Le mie storie si svolgono qualche volta da una parte, qualche volta dall’altra. Ormai non sento la differenza».
È una sorta di spiritismo letterario?
«È qualcosa che ha a che fare con la scrittura. Con le cose che mi vengono incontro nell’immaginazione e che mi aiutano a scrivere la storia. Possono essere unicorni, pecore, elefanti, gatti, ma anche l’oscurità o la musica. Tutto ciò acquisisce un’anima soltanto quando ne scrivo. È una forma di animismo. Le cose mi vengono incontro senza che io le richiami. Devo solo concentrarmi molto».
E i suoi amici che si sono suicidati?
«È molto triste. Entrambi avevano però il diritto di farlo. Che in Giappone ci siano più suicidi che in Occidente dipende forse dall’insegnamento buddista, che non ha mai considerato il suicidio un peccato. Alcune persone vedono nel suicidio una certa bellezza, un atto di orgoglio. Ciò mi è totalmente estraneo. Io vivo per potere scrivere».
Come si sente quando scrive? (QUESTA DOMANDA RONALD DUEKER POTEVA ANCHE RIVOLGERLA A ME)
«Scrivere dà senso alla mia vita. Grazie alle scrittura la mia vita è diventata qualcosa di speciale. La mia scrivania e ciò che per Clark Kent è la cabina telefonica: qui mi trasformo in Superman. Scrivendo posso fare tutto quello che voglio. Posso creare tutto quello che mi passa per la mente. Quando scrivo posso salvare il mondo, ma appena mi allontano dalla scrivania, ridivento Clark Kent. Mi creda: sono davvero una persona comune. Sono un buon marito, non mi arrabbio, non perdo le staffe. Ma dalla mia vita non mi viene neanche un’idea per la mia narrativa. Quando corro, cucino o sto sulla spiaggia, la mia testa è vuota».
l suo nuovo romanzo si svolge in parte in Finlandia. C’è stato?
«Una volta, negli anni Ottanta, ma non ricordavo molto. Ci sono tornato dopo finito il romanzo. È molto bella».
Non avrebbe dovuto andarci prima di scrivere?
«Non mi piace fare ricerche. Bloccano l’immaginazione. È curioso: mi ero fatto un quadro della Finlandia nella testa e quando ci sono andato ho visto che era tutto esattamente come l’avevo descritto nel romanzo. Un vero déjà-vu. Lo stesso mi è successo con “Kafka sulla spiaggia”. Anche in questo caso la città di Takamatsu era un parto della fantasia. Ma quando ci sono andato, è stato come se l’avessi inventata tutta io. Per “L’uccello che girava le viti del mondo” mi è successo lo stesso con la Mongolia. Più lavora intensamente la fantasia, più veritiero diventa il quadro. Però, certo, qualche volta consulto Wikipedia».
E cosa ci dice delle scene di sesso dei suoi libri…
«Sono critiche che mi stupiscono. Io descrivo il sesso in una maniera molto pragmatica, realistica, ma mai pornografica. Per essere onesto non avrei nessuna voglia di scrivere quei brani. Sono molto timido: mi vergogno molto mentre scrivo quelle scene. Ma devo farlo. Il sesso è la via maestra per passare dall’altra parte. Il rapporto sessuale ha qualcosa di spirituale. Apre una porta simbolica. L’amore però è molto più bello del sesso. Io scrivo favole per adulti. Tutti vogliamo credere nella forza dell’amore. E a quella del dolore. Nella realtà non si prova l’uno senza l’altro. Ma quando leggi un libro improvvisamente pensi che quello che stai leggendo può succedere davvero. E proprio a te».
traduzione di Guiomar Parada. Copyright “Die Zeit” – “l’Espresso”