
E pensare che mi avevano detto che la succursale della Tate a Liverpool era una merda. Tutte balle. Per una città come Liverpool, che si porta addosso già un fardello artistico importante, parlo dei Beatles, è un bell’onore fregiarsi le docks (strutture più o meno simili ai magazzini del sale di Genova) con un Pollock, Magritte o Warhol.
Il museo di arte contemporanea cittadino infatti è un bel bigami di arte contemporanea.
Soprattutto se devi spiegarla in pillole a un centinaio di 17enni italiani di buona famiglia che, non certo per colpa loro, arrivano a studiare la storia dell’arte fino a Raffaello. Se va bene Tiziano.
A Liverpool, tanto per cominciare c’è la natività della contemporary arts, quella latrina capovolta da Duchamp e firmata da un falso Mutt (pseudonimo del genio francese) che lui titolerà “Fontana”. Come ho tentato di spiegare a un gruppetto di bellissimi teenager, dopo quella fontana il mondo non sarà più lo stesso. Non vince il più manierista, il pittore più meticoloso, il fotografo più preciso, lo scultore più realista. Vince il più sovversivo, colui che produrrà qualcosa di visivo degno di essere ricordato, magari ricamandoci sopra anche un paio di valori sociali condivisi.

A Liverpool c’è una delle Campell soup disegnate da Andy Warhol. Sovversione delle regole ancora una volta. Il paradosso dei paradossi artistici riuscito al dandy di New York city degli anni ’70, sta proprio nel aver trasformato la pubblicità, il supermercato, la produzione seriale, il consumismo, in arte. E’ la nascita della pop art. E un barattolo di salsa, funghi, o fagioli neri, diventa una star.
Ma Liverpool non si ferma. Offre ancora. Regala, per la precisione, visto che l’ingresso al museo, come in altri in Inghilterra, è gratis.
Ed arriva il turno di Lucio Fontana, l’italiano che tagliò la tela e produsse l’arte al negativo. Il Fontana esposto alla Tate non è il taglio trasversale di una tela, ma una serie abbastanza numerosa di squarci fatti col punteruolo.
A Liverpool c’è poi la leggerezza di un Calder che con il suo gioco – precisissimo – di pesetti geometrici e colorati, crea equilibri che danzano. C’è la follia di Salvador Dalì specializzato nel disegno dei i sogni, la sacerdotessa Patty, vista così come la vedeva il suo uomo, Robert Mappelthrope. Cioè bella da star male.

C’è uno dei capolavori di Jeff Koons, Three Ball Total Equilibrium Tank, tre palloni da basket dell’Nba sospesi in un parallelepipedo di vetro.
Sport, evento mediatico planetario, ma anche consumismo e idolatria collettiva. Piuttosto normale per uno che si fidanzerà con la pornostar Cicciolina.
C’è infine un senza titolo di Pollock, che dipingeva facendo sgocciolare il pennello sulla tela danzandoci sopra ubriaco. A volte facendoci all’amore.

E infine qualche volto di Fancis Bacon. L’uomo che seppe disegnare i fantasmi. Grazie Liverpool. Grazie Tate per il riassunto.