
Dai diamanti non nasce niente, dal sangue nascono i fiori (#Irman Qureschi)
Irman Qureschi. Artista dell’anno 2013 secondo la Deutsche Bank che gli ha dedicato un Solo dal titolo Violence and Creation, aperto fino al prossimo agosto, nelle sale del vecchio Guggenheim di Berlino, ora ribattezzato KunstHalle. Oddio, non che il parere della banca conti molto, ma sì vede che talune volte dove ci sono i soldi c’è qualità.
Irman è un tipo giovane – classe 1972 – che è stato catapultato nel firmamento dell’arte contemporanea da poco. E’ conosciuto tanto a New York quanto a Venezia, ma non ha fatto ancora in tempo a impararsi bene l’inglese. (A seguire la decorazione che ha appena completato su un roof garden a Central Park).
Le tecniche di pittura indiane, quelle, le conosce benissimo. Come, temo, il dolore della guerra e il colore del sangue. Vive ancora a Lahore, in Pakistan. E se devo proprio dirla tutta, è diventato mezzo famoso solo dopo che un anno fa ha vinto non so quale Premio indetto dalla Sharjha Art Foundation . La finanza islamica, per capirci – con un lavoro intitolato (pesante) Blessings Upon the Land of my Love. Qui sotto.
Sa usare molto bene il pennello. Quello sottile. E fa cose, che per noi occidentali saprebbero, uso il condizionale, di ammanuense del medioevo. Piccoli rettangoli di cartone, sbordati di carta oro, dove al centro, dentro ad almeno cinque squadrature del foglio, dipinge piccole storie di provincia indoeuropea in tecnica simil Baku molto colorate.
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