A un certo punto entri un un cubo di metallo. Poi scoprirai di essere un labirinto dalle pareti alte e sottili. Quasi si piegano. Una volta all’interno, segui la sequenza di immagini – foto – che tanto somiglia alla pellicola di un film. I frame raccontano la vita di un mattatoio della DDR, Deutsche Demokratische Republik. Tanto più vai avanti tanto più cruente e sanguinarie diventano le immagini. A rimetterci la pelle, nel mattatoio, è – direi per fortuna . il maiale. Maiali adulti, maiali giovani, maiali feti.
Il loro destino è segnato. Siamo al macello. Sangue, carne, budella, corpi ammucchiati di animali morti, braccia al lavoro di uomini vivi. I maiali, e spesso anche i loro feti, passo dopo passo si trasformano in salsicce. In un campo scenico sempre più sanguinario. E alla fine, quando sei arrivato nel cuore del labirinto, eccola la morte irreversibile. Che si mostra con la foto di due maialini abbracciati. Sembrano gli Amanti di Pompei, per loro non c’è più nulla da fare. in basso una parete – un muro (Berlino e muro, un’allegoria che è sempre di moda) inondato di sangue. Sembra che trasudi.
Non c’è nessuna via di uscita. Il percorso è finito. Non ti resta che girare i tacchi e fare la strada al contrario. raccogliendo il filo di Arianna che ti condurrà all’uscita.
Questo è, a mio avviso, il lavoro a maggiore portata emotiva della mostra temporanea della Berlinesche Galerie, un museo dedicato proprio a Berlino, dal titolo la società blindata: fotografie nella DDR tra il 1949 e il 1989. Il labirinto è un’idea di Jörg Knöfel artista originario di Postdam morto a Berlino l’anno scorso. Qui ha usato un classico tema espressivo della Germania est di quegli anni: la forza lavoro. In questo caso il lavoro in un macello di Berlino tra il 1986 e il 1989. Il muro stava proprio per cadere, ma non per questo nel mattatoio ci si è fatto qualche scrupolo di coscienza. Gli operai vanno avanti nella mattanza, e la loro routine lavorativa, fa a cazzotti con la brutalità dell’industria della carne. Bisogna pur mangiare, bisogna pur vivere, bisogna pur lavorare. Sembrano dirci quelle persone in foto.
Nella mostra dedicata alla fotografia di quegli anni, c’è un secondo lavoro degno di nota: L’assurdo diario di Berlino, 1964, del veneziano Emilio Vedova che con questa istallazione sbaragliò alla terza edizione di Documenta a Kassell (Documenta, by the way, è la maggiore mostra di arte contemporanea al mondo). A anche qui il diario, come prima il labirinto, parla in silenzio. Sembra dire: non dimenticare che nel Tagebuch del 1964 c’era un muro che divideva Kreuzberg da Friedrichshain, il Mitte da Charlottenburg, Wedding da Schöneberg.
Ecco perché poi il diario diventa “assurdo”. Le pagine – pannelli di cartongesso o di legno – sono disposte alla rinfusa in sala. Ognuna è un dipinto astratto. Sembra di stare dentro a un libro a tre dimensioni, come quelli che usano i bambini dell’asilo. Qui però non c’è nessuna logica, solo Caos e colori.
E poi c’è un rimando al comunismo. Alle notti russe di quella che un tempo era chiamato Leningrado. Oggi signora San Pietroburgo, dove sembra dominare la pace, l’ordine e l’eleganza. Come nella foto dal titolo Hotel Europa tratta dalla serie Le notti russe. Pace, ordine ed eleganza che sembrano essere insultate dallo squallido skyline della Berlino Ovest fotografate da Peter Oehlmann nel 1987. (Questa specie di lager che si vede qui sotto).
E per fare una rapida incursione nella mostra permanente (che meriterebbe una seconda recensione) come non citare la scultura, meravigliosa di Ulrlich Baerhr dal titolo: l’amico dei bambini. L’uomo in uniforme, senza testa (neanche molto alto) che bacia una bimba bionda con una margherita tra i capelli. L’amico dei bambino è Adolf Hitler. L’opera risale al 1976. Venticinque anni più tardi Maurizio Cattelan avrebbe ridicolizzato, o umanizzato, il più pazzo dei dittatori, con Him, la scultura che mette il nano in ginocchio, a pregare. Come non sospettare un’ispirazione neanche tanto velata dell’italiano nei confronti dell’opera di Baerhr?
I temi insomma sono quelli più ovvi per quella società divisa: Muro, socialismo e nazismo. Raffigurati tramite il caos, il lavoro, Hitler. E per citare un altro lavoro interessante di questa bella passeggiata nella Berlinesche, segnalo infine gli Hercules concept di Lutz Dammbeck (Lipsia), un opera che nella sua prima versione porta la data del 1977 e che stata rilanciata proprio quest’anno.
Dammbeck in pratica ha ritagliato i ritratti di alcuni antifascisti presi dal popolo o dall’élite berlinese e ha assemblato i volti – cucito per la precisione – con le foto di alcune statue ispirate alle liete novelle dei fratelli Grimm (berlinesi anche loro). Il risultato altro che rassicurante. E’ tremendo. Quanto il peggiore degli incubi.
