Allora io al Pac, padiglione di arte contemporanea a Milano, per vedere la mostra di Elad Lassry, ci sono stata. Mi sento di dire a chi l’avesse mancata: dormite pure sereni. L’opera di questo giovanissimo israeliano con passaporto americano (classe 1977) rivelazione della Biennale di Venezia 2011, vale pure la pena di non essere vista.
Dai manifesti con cui hanno tappezzato la citta’ meneghina sembrava una filiazione del lavoro del russo Tsykalov (l’arte del voltastomaco). Invece no. Solo un po’ di manierismo pulito di carne cruda – il russo – zebre – Maurizio Cattelan – e Realismo fotografico vintage degli anni ’70 -Cindy Sherman.
Ci sono diverse fotografie, meravigliose cornici (che il curatore Alessandro Rabottini ha definito “elementi che rafforzano l’ambiguita’ tra forma e oggetto”), stupende soluzioni cromatiche. Punto. Ci sono i cristalli su sfondo rosso con cornice rossa. C’e’ la donna col cappello verde e la bottiglia di acqua Perrier su sfondo verde. Ci sono alcune carte da parati con asterischi e altre figure geometriche. Un uomo con quattro occhi che sono il risultato di un copia e incolla di Photoshop (e mi e’ parsa l’opera piu’ originale) alcuni pensili di legno, altri in plastica marrone, fino alla bottiglia di latte accerchiata da tre costine di vitello (o maiale, non saprei) e due uova. E, attenzione, si parla di nuova immagine. E’ vero che Lassry sa fare belle foto, eleganti collage di ritagli di giornali, ottimi fotoritocchi di riflessi inesistenti – roba da Photoshop livello 1 – ma non sfonda il muro del senso. Non c’e’ nessun elemento nuovo, ne’ provocazione, ne’ denuncia, ne’ sovvertimenti di qualche codice comunicativo, o lettura sociale. Niente di niente. Ecco ora insultatemi pure. per non aver colto il suo valore artistico.