Ci sono stati giorni in cui avrei potuto spostare le montagne, andare all’altare e sbottonare la camicetta per fare entrare, meglio, le radiazioni nel cuore. Oggi mi riesce soltanto scrivere poesie silenziose, dipingere su tele con pennelli impregnati d’acqua, affettare lo zenzero. Mentre guardo il sole morire ad Admiralbrücke, ascolto Charlotte cantare, e combatto, senza muovere un dito, per la libertà di Istanbul. Tra 10 giorni arriva Kveikur. Me lo portano gli angeli d’Islanda. Sigur Ros.
- Brennisteinn (Zolfo) – 7:46
- Hrafntinna (Ossidiana) – 6:24.
- Ísjaki (Iceberg) – 5:04
- Yfirborð (Superficie) – 4:20
- Stormur (Tempesta) – 4:56
- Kveikur (Stoppino) – 5:56
- Rafstraumur (Corrente elettrica) – 4:59
- Bláþráður (Filo sottile) – 5:13
- Var (Rifugio) – 3:45
Poco più di un anno fa dal porto di Reykjavik salpava Valtari. Forse qualcuno quel vascello fantasma se lo ricorda ancora. https://crisalidedaria.com/tag/valtari/
Varuo non è una canzone facile. Non vi aspettate che vi piaccia a primo ascolto. E’ una preghiera islandese, un urlo di gioia, una pugno nelle viscere: si gonfia e si sgonfia mille volte. Va ascoltata di notte, quando tutto torna buio, quando i gatti dormono nelle grondaie, quando gli artisti si rintanano nel sottotetto e cominciano a immaginare vite parallele.
Dura sei minuti e trentasei secondi, sei lunghissimi minuti di cieli che si aprono, nuvole che si addensano, soli che sorgono, lune che tramontano, crisalidi che lentamente si lacerano e lasciano allo scoperto, completamente nudo e sanguinante, un cuore. Che palpita.
Il cuore quando entra a contatto con l’aria, comincia ad ossidarsi. E noi teniamo tra le mani questa carne che si lascia morire. Non possiamo farci nulla. Rallenta, poi accelera per rallentare, ancora. Fino a spegnersi. E proviamo a salvarci con quel ricordo, prodotto dalla nostra mente, di un lago perfettamente circolare che, lucido come il petrolio, riflette velocemente il rincorrersi, inutile, del sole che scappa e la luna che insegue, sole tramonta, luna si sdoppia, bambini ballano. Morti risuscitano, cervelli saltano, notti tacciono.
I Sigur Ros, cantano, nella terza canzone dell’ultimo album , dal titolo Valtari, vocali che non sono di questo mondo e pregano dei che non sono di questo universo.
A bordo di un vascello fantasma che volteggia nel porto di Reykjavik.